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Le tremolanti immagini sullo schermo si muovevano a sbalzi, segno evidente che erano state registrate da una cinepresa manuale in una situazione precaria. La camera mostrava tre uomini ripresi di spalle, la testa coperta da bandana e armi automatiche appese a tracolla. Si trovavano a bordo di un battellino gonfiabile in marcia, e l'inquadratura saliva e scendeva seguendo il moto delle onde mentre il canotto si avvicinava a una rugginosa nave da carico di stazza media. Al di sopra del rombo del motore fuoribordo, si udiva una voce dal tono secco.
«Bersaglio in avvicinamento. Testa alta, ragazzi, questa non è una gita di piacere. Tentiamo un falso abbordaggio e vediamo se ci sparano addosso.»
L'uomo più vicino alla cinepresa si girò e sollevò il pollice in segno di accordo. Poi Muller fermò l'immagine, si alzò in piedi e, avvicinatosi al piatto schermo a parete, puntò l'indice sull'ex SEAL dalla pelle scura che sorrideva all'obiettivo.
«Sal Russo», comunicò ad Austin e agli altri seduti nella stanza. «Ottimo elemento, equilibrato e duro come la roccia. Collaborò alla formazione della squadra Sei della SEAL, l'unità antiterrorismo. Portò a casa una secchiata di medaglie dal golfo Persico, prima di dimettersi per entrare nella società di Beck.»
«Quella in sottofondo dev'essere la voce del comandante Beck», osservò Austin, seduto su una sedia pieghevole vicino a Zavala e a Gutierrez.
«Esatto. Beck teneva una videocamera fissata con una cinghia al torace; la utilizzava a scopo didattico, per mostrare ai suoi uomini eventuali errori o azioni ben fatte. L'aveva ancora addosso, quando abbiamo ripescato il suo corpo dall'acqua; per fortuna era in una custodia impermeabile. La ripresa è mossa, talvolta, ma vi darà un'idea piuttosto precisa di quanto si siano trovati ad affrontare.»
Muller premette il pulsante RESUME del telecomando, quindi tornò a sedere. L'uomo sullo schermo riprese vita e tornò a dare la schiena alla cinepresa. Il ronzio del fuoribordo salì di qualche decibel e la prua s'impennò, mentre il natante si lanciava in planata verso la scaletta che scendeva lungo la fiancata destra di prora. A una trentina di metri dalla scala, il canotto virò e si allontanò a tutta velocità dal cargo.
«Tentativo di attirare eventuale fuoco nemico fallito», annunciò la voce.
«Andiamo a controllare il nome a poppa.»
La cinepresa mostrò il canotto che girava intorno alla poppa della nave; sulla vernice scrostata dello scafo si distingueva la scritta Celtic Rainbow e, più in basso, MALTA. Poi il natante si spostò lungo la fiancata verso la scaletta, e uno degli uomini si sporse per aggrapparsi al piolo più basso.
Tutti indossarono le maschere antigas, poi due dei SEAL si arrampicarono lungo la scala mentre l'uomo a prua allontanava di qualche metro il canotto dalla nave per riuscire a tenere sotto tiro la coperta, pronto a colpire chiunque avesse teso un agguato ai suoi compagni. I due raggiunsero il ponte senza incidenti, poi il primo fece segno al gommone di riavvicinarsi.
«Abbordaggio avvenuto, nessuna resistenza.» Era di nuovo Beck. «Salgano anche i due di copertura, adesso.»
Legato il canotto alla scala, Beck e Russo cominciarono ad arrampicarsi.
Vi fu un'inquadratura tremolante della fiancata, mentre il microfono registrava un respiro affannoso. Poi la voce di Beck che bofonchiava: «Sto diventando troppo vecchio per queste stronzate. Puff. Molto più divertente che stare dietro una scrivania, però».
La camera riprese la coperta e i SEAL accovacciati a terra, le armi in pugno. Sul ponte aleggiava una nube di fumo. Come stabilito nel preparare il piano d'azione, Russo prese con sé uno degli uomini e si lanciò a testa bassa verso il lato di sinistra della nave per poi cominciare ad avanzare in direzione della poppa. Beck e l'altro SEAL fecero lo stesso restando sul lato di dritta. I quattro si riunirono contro la battagliola.
«Lato di sinistra sgombro», mormorò Russo, stringendo gli occhi per il fumo. «Si direbbe che il fuoco si stia estinguendo.»
«Hai ragione», confermò Beck. «Il fumo è diminuito. Via le maschere.»
Gli uomini eseguirono l'ordine, riponendo l'attrezzatura nell'astuccio agganciato alla cintura.
«Okay, andiamo a vedere chi sta trasmettendo il messaggio.»
La camera mostrò gli uomini che avanzavano a tenaglia, prima una squadra e poi l'altra, in modo che i due davanti fossero sempre coperti da quelli dietro. Salirono le scale di boccaporto fermandosi a controllare ogni ponte prima di proseguire, e raggiunsero senza incidenti le ali di plancia.
Attraverso la porta della timoniera si udiva la voce di qualcuno che ripeteva: «Mayday».
Rapidità, sorpresa e segretezza erano alla base di una missione SEAL.
La necessità di abbordare il cargo alla luce del sole aveva annullato due dei fattori chiave, perciò non persero tempo all'esterno del locale. La cinepresa li seguì, e si udì la voce di Beck ancora una volta. «Bel lavoro. Diavolo, questo maledetto posto è deserto.»
La camera effettuò una ripresa a trecentosessanta gradi della timoniera, poi Beck si avvicinò alla radio di bordo. Una mano, evidentemente la sua, si allungò verso un registratore posato accanto al microfono della ricetrasmittente che ripeteva senza sosta la richiesta d'aiuto. La mano spense il registratore, e il Mayday cessò di colpo.
«Dannazione!» sbottò uno degli uomini. «Che accidenti è questa puzza?»
Poi si udì la voce di Beck, calma ma con un'innegabile nota di urgenza, che ordinava ai suoi di mettere il colpo in canna, mantenersi vigili e tornare di corsa al gommone.
Fu a quel punto che si spalancarono le porte dell'inferno.
Qualcuno o qualcosa si lanciò attraverso la porta strepitando come uno spirito della morte. Poi si udì il frastuono di un proiettile sparato a distanza ravvicinata. Altre urla, corpi guizzanti, il tamburellare di armi automatiche.
Confuse visioni di capelli o peli bianco sporco, squarci di volti che sembravano usciti da un incubo.
«Da questa parte, comandante!»
Russo dava la schiena alla camera, riempiendo gran parte dell'inquadratura. Altri spari, grida terrificanti. Poi, un'intera serie d'immagini sfocate.
Beck era uscito dalla timoniera e arrancava incespicando lungo le scale di boccaporto, il fiato che gli usciva dai polmoni in rantoli affannosi.
In sottofondo, si udiva la voce di Russo che gridava: «Rapido, capo, rapido! Ho beccato uno di quei figli di puttana dagli occhi rossi, ma gli altri ci stanno addosso».
«I miei uomini.»
«Troppo tardi! Si muova. Al diavolo.»
Un'altra esplosione. Il grido di un uomo.
Beck aveva raggiunto il ponte principale. Correva, in quel momento, sbuffando come una locomotiva su una ripida salita, i piedi che percuotevano l'assito. Era a prua, a meno di un metro dalla scaletta.
Al di fuori dell'inquadratura, un ululato disumano. Altri ciuffi di capelli bianchi, corpi protesi, un ennesimo sparo. La rapida visione di un paio di ardenti occhi di fuoco. Un gorgoglio, un roteare di cielo e mare. Lo schermo nero.
Fu Austin a spezzare l'attonito silenzio che era seguito alla proiezione.
«Il video solleva più interrogativi di quanti non ne chiarisca.»
«Beck ce l'aveva quasi fatta a tornare al canotto», mormorò Muller, «ma qualcuno o qualcosa lo ha assalito mentre stava per imboccare la scaletta. Quando è stato ritrovato, aveva la gola squarciata.»
«Può far tornare leggermente indietro il nastro?» intervenne Zavala, subito accontentato da Muller. «Okay, lo fermi in questo punto esatto.»
Gli occhi incandescenti sembravano invadere completamente lo schermo. L'immagine era confusa, ma la sua vaghezza non ne diminuiva la terrificante intensità. Nella stanza calò di nuovo il silenzio, interrotto soltanto dal ronzio dei ventilatori.
Finalmente, Austin si decise a parlare. «Che ne farà di questo video, guardiamarina?»
Muller scosse il capo come se gli avessero chiesto di spiegare i misteri dell'universo. «Di una sola cosa sono sicuro: il comandante Beck e i suoi uomini si sono cacciati in un terribile pasticcio. Chiunque abbia teso loro l'imboscata, non si aspettava di trovarsi di fronte un'unità armata della SEAL.»
«La mia ipotesi è che intendessero attaccare l'Atlantis, ma hanno cambiato idea dopo la lotta con Beck e i suoi», suggerì Austin.
«Questa era anche la mia idea», convenne Muller.
A quel punto, alzandosi in piedi, il comandante Gutierrez borbottò: «Devo tornare in coperta. Se voi signori aveste ancora bisogno di me, fatemelo sapere».
Austin lo ringraziò. Una volta uscito Gutierrez, si rivolse nuovamente a Muller. «Immagino vorrà tornare sulla sua nave.»
«Non subito. Sto aspettando un battello di rinforzo che si occuperà della sorveglianza, ma non sarà qui prima di qualche ora, perciò abbiamo tempo. Adesso che il comandante se n'è andato, vorrei parlare un po' con lei di questa faccenda, se non le dispiace.»
«Per niente. Dal poco che ho visto, c'è parecchio da dire.»
Muller sorrise. «La prima volta che ho sentito parlare di questa storia pazzesca, ho pensato che avessimo a che fare con dei pirati, per quanto non vi fosse alcun sentore che stessero operando in questa parte del mondo.»
«Ha cambiato opinione, a proposito dei pirati?»
«Ho scartato l'idea. Ho omesso d'informarla che faccio parte dell'intelligence della marina. Dopo aver visionato il filmato, ho contattato i miei collaboratori di Washington e ho chiesto loro di raccogliere tutto il materiale che riuscivano a trovare su 'mostri o demoni dagli occhi rossi'. Non può immaginare che razza di risposte irrispettose mi siano arrivate, ma sono state passate al setaccio tutte le fonti possibili, da Dracula al settore della fotografia, ai film di Hollywood. Sapeva che esiste un gruppo rock chiamato Red-Eyed Demons?»
«La mia cultura rock si è fermata ai Rolling Stones.»
«Vale anche per me. In ogni caso, ho dedicato parecchio tempo a spulciare i vari rapporti, e non faccio che tornare su questo.»
Muller sfilò un foglio dalla propria borsa portadocumenti e lo porse ad Austin, il quale lo spiegò e ne lesse l'intestazione.
CAST TELEVISIVO SCOMPARSO
LA POLIZIA BRANCOLA NEL BUIO
Si trattava di una notizia diffusa a Londra dalla Reuters. Austin continuò a leggere.
Le autorità affermano di non avere ancora alcun indizio riguardo alla scomparsa di sette sfidanti e quattro membri della squadra di tecnici impegnati a registrare un episodio del programma televisivo Outcasts su una sperduta isoletta al largo delle coste scozzesi.
Secondo le regole del gioco, i partecipanti al cosiddetto clan decretano l'uscita dall'isola di un outcast - di un eliminato - ogni settimana. L'elicottero inviato a recuperare l'ultimo espulso non ha trovato neppure l'ombra delle altre undici persone. La polizia, in collaborazione con l'FBI, ha rinvenuto tracce di sangue, il che fa pensare a un possibile atto di violenza.
L'unica sopravvissuta, una donna che si nascondeva negli anfratti dell'isola, è rientrata a casa dove sta recuperando le forze. Risulta abbia dichiarato che i compagni e il personale tecnico sarebbero stati assaliti da «demoni dagli occhi rossi». Le autorità non danno credito a tale affermazione, in quanto sostengono che la vittima soffra di allucinazioni in seguito allo shock riportato.
Il popolare show televisivo, erede delle precedenti produzioni sul genere Survivor, è stato criticato da alcuni in quanto incoraggerebbe una escalation di tensione fra i concorrenti, sottoponendoli a prove pericolose e cariche di stress, sia dal punto di vista mentale che fisico. La rete ha offerto un premio di cinquantamila dollari a chiunque sia in grado di fornire informazioni sull'accaduto.
Kurt passò l'articolo a Zavala, che lo lesse con attenzione. «Come si collega questa storia con la scomparsa dell'Alvin?» chiese alla fine.
«Ammetto che il filo è tenue», disse Muller, «ma sforzatevi di seguire il mio ragionamento contorto. Ho ripensato a quelle tracce sul fondo dell'oceano: è evidente che nella Città Perduta stava accadendo qualcosa, e che qualcuno voleva mantenere segreta quell'attività.»
«Sembra sensato», commentò Zavala. «Chiunque abbia lasciato quei segni non intendeva permettere che si ficcasse il naso intorno alle sorgenti.»
«Con un segreto del genere per le mani, cosa fareste se un sommergibile carico di cineprese vi piombasse nel cortile di casa?» continuò Muller.
«Semplice», replicò Zavala. «Dal momento che la missione era stata pubblicizzata, avrei spostato le attrezzature in modo da prevenire il problema.»
«Non è così facile», obiettò Austin. «Qualcuno avrebbe comunque notato le tracce e cominciato a fare domande. Bisognava eliminare gli osservatori esterni e far sparire qualsiasi potenziale testimone.»
«E questo spiegherebbe come mai si è spedita contro l'Atlantis una nave carica di bestiacce dagli occhi rossi», concluse Zavala.
«Supponi che l'Atlantis svanisca nel nulla. Poco dopo, riaffiorando, l'Alvin constata la scomparsa della nave appoggio e lancia una richiesta di aiuto. Viene avviata una vasta operazione di ricerca, durante la quale c'è sempre la possibilità che vengano notate le tracce, con il conseguente pericolo di attirare l'attenzione.»
«Quindi, qualsiasi cosa abbia tracciato quei solchi potrebbe aver sequestrato l'Alvin», concluse Zavala.
«Gutierrez sostiene che la navicella non si trova nel punto di immersione, e io gli credo», intervenne Muller.
Austin lanciò un'altra occhiata all'articolo di giornale. «Occhi rossi qui, occhi rossi là. Come diceva lei, un filo davvero sottile.»
«Già. Proprio per questo ho ordinato di scattare una serie di foto satellitari alle acque intorno all'isola sulla quale è stato girato Outcasts.» Così dicendo, estrasse dalla borsa un mucchietto di fotografie che sparpagliò sul tavolo. «Sulla maggior parte delle isole sorgono minuscoli villaggi di pescatori che si trovano lì da anni. Altre sono abitate soltanto dagli uccelli. Questa invece è abbastanza insolita, tanto da aver attirato la mia attenzione.»
Fece scivolare verso Austin una delle immagini che mostrava diversi edifici, la maggior parte dei quali raggruppati lontano dalla riva, e alcune strade apparivano appena abbozzate.
«Ha qualche informazione su queste strutture?» lo interrogò Austin.
«In origine, l'isola era di proprietà del governo britannico, che la utilizzava come base per i suoi mezzi sottomarini durante il secondo conflitto mondiale e la guerra fredda. Più tardi venne venduta a una società privata; stiamo ancora controllando. Si suppone che fosse un osservatorio per ricerche ornitologiche, ma nessuno lo sa per certo, visto che è vietato l'accesso.»
«Questo potrebbe essere un mezzo da ricognizione incaricato di far rispettare il divieto», borbottò Austin, indicando una sottile linea bianca sulle onde.
«Ottima supposizione», convenne Muller. «Ho potuto visionare le immagini scattate in ore diverse della giornata, e la barca è costantemente lì attorno, lungo una rotta più o meno sempre uguale.»
Mentre esaminava le rocce e le secche che proteggevano l'isola, Austin notò una forma scura e ovale presso l'imboccatura del porto. La ritrovò in altre immagini, ma in posizioni differenti: il profilo era indistinto, come se si trovasse sott'acqua anziché in superficie. Passò le foto a Zavala.
«Da' un'occhiata a queste, Joe, e dimmi se ci vedi qualcosa d'insolito.»
Nella sua veste di esperto della squadra per quanto riguardava i veicoli sottomarini con e senza pilota, l'uomo individuò immediatamente lo strano oggetto. Sparpagliò le immagini davanti a sé. «Un mezzo subacqueo di qualche tipo.»
«Fatemi vedere», intervenne Muller. «Che io sia dannato. Ero talmente concentrato su quanto si trovava sull'acqua, che non ho notato cosa c'era sotto. Devo averlo preso per un pesce.»
«E lo è davvero», replicò Zavala. «Un pesce con tanto di motore e batterie. Secondo me, si tratta di un AUV.»
Originariamente costruito a scopo commerciale e di ricerca, Y Autonomous Underwater Vehicle era l'ultimo ritrovato in fatto di tecnologia sottomarina. A differenza del ROV che andava comandato a distanza, l'unità robotizzata era in grado di operare autonomamente seguendo istruzioni in precedenza elaborate.
«Potrebbe essere dotato di sonar e strumentazione acustica per la rilevazione di qualsiasi movimento, sopra o sotto la superficie, nella zona che circonda l'isola. In tal caso, sarebbe in grado di trasmettere segnali d'allarme a un'eventuale base di terra.»
«La marina ha utilizzato gli AUV in sostituzione dei delfini per localizzare le mine. Ho sentito dire che alcuni possono essere programmati per l'attacco», interloquì Muller.
Dopo aver osservato le foto, Austin commentò: «A quanto pare, potremmo essere costretti a prendere una decisione sui due piedi».
«Senta, non sto affermando di sapere esattamente con che cosa abbiamo a che fare, e capisco che siate preoccupati per i vostri amici, ma non potete fare granché, qui a bordo. Il comandante Gutierrez proseguirà le ricerche, e vi farà sapere se si trova qualcosa.»
«Preferirebbe che controllassimo la zona ripresa dal satellite?»
«La marina americana non può certo fare irruzione sull'isola, ma un paio di elementi decisi e ben addestrati forse sì.»
Austin si rivolse a Zavala. «Che cosa suggerisci di fare, Joe?»
«È un terno al lotto. Mentre diamo la caccia a questi mostriciattoli dagli occhi rossi, Paul e Gamay potrebbero trovarsi ovunque.»
Austin sapeva che l'amico aveva ragione, ma l'istinto lo spingeva verso l'isola.
«Avevamo chiesto all'idrovolante di tenersi a disposizione», disse al guardiamarina Muller. «A questo punto, ci facciamo riportare alle Azzorre e saltiamo su un aereo. Con un po' di fortuna, domani potremmo riuscire a dare un'occhiata da vicino alla sua isola misteriosa.»
«Speravo di sentirglielo dire», replicò Muller con un sorriso.
Meno di un'ora più tardi, l'idrovolante si sollevava dall'acqua per librarsi verso il cielo. Dopo aver sorvolato un'ultima volta la nave da ricerca e l'incrociatore, il velivolo puntò verso le Azzorre accompagnando Austin e Zavala nel primo tratto del loro viaggio verso l'ignoto.